Omelia della celebrazione eucaristica del quinto giorno di padre Salvatore Frascina

Possiamo dire che questo giorno è iniziato con un grande dono da parte del Signore, il dono della sua Parola, della fraternità, il dono della chiamata. Il dono di confermare ancora una volta che siamo qui e vogliamo essere suoi. Allora sprofondiamoci in questa Parola, in questo mare che oggi ci è stato donato attraverso i salmi delle lodi, attraverso le letture della Messa, per accedere sempre più in profondità fino al cuore di questa liturgia, che poi continuerà con questa giornata. E allora ecco, il Signore ci mette dinnanzi una Parola bellissima, dura allo stesso tempo. Se abbiamo fatto caso, la prima lettura è l’ultima parte del libro del profeta Osea. Un libro in cui si parla di un Israele che è stato peccatore, però nonostante tutto, il Signore gli ha detto di ritornare a Lui, perché Lui avrebbe pensato a tutto. Quindi vogliamo anche noi fare questo grande passaggio ogni giorno, ogni momento: “Signore non sono io che agisco, sei tu che agisci!”. Il Signore che purifica, che ci accoglie, che ci abbraccia, il Signore che ci accarezza, che ci bacia, il Signore che ci mette l’anello al dito. Tante volte noi ci perdiamo dietro a tantissime cose; tante volte ci perdiamo dietro noi stessi, nel nostro egoismo. Ci domandiamo cosa voglio io, anziché cosa vuole Dio. E ci viene in aiuto il Vangelo. Come possiamo fare questo? Come possiamo essere continuamente con questa mente allenata a lasciarci plasmare dal Signore?

Come facciamo a lasciarci plasmare da Lui, a stare nelle sue braccia. Come possiamo fare? Ci viene in aiuto il Vangelo. Gesù ci dice con una sola parola, la parola più bella, la parola più grande come bisogna fare: Ama Dio!

Qual’è il comandamento più grande? Ama Dio. Ma io l’amore per Dio lo prendo dall’amore per il prossimo e dall’amore per me stesso. Non l’amore narcisistico. Io posso amare l’altro nella misura in cui mi amo. Posso dare all’altro nella misura in cui do a me stesso! Quindi il Signore mi chiama ad amarmi prima di tutto e a chiedermi: cosa voglio io per me? E quello che io voglio per me, devo volerlo anche per l’altro e anche di più, perché lo stesso Gesù al termine del Vangelo di Giovanni arriverà a dirci: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Come ci ha amato?

Ieri sera nella simbologia dell’adorazione eucaristica abbiamo utilizzato il pane, il grembiule e l’anfora. Allora se io mi amo, se io mi voglio bene, devo curarmi di me stesso. Devo anche riuscire a lavarmi i piedi, devo chinarmi per riuscire a lavarmi i piedi. Allora Gesù mi dice: “fallo anche con il tuo fratello!” Devo chinarmi a lavare i piedi a mio fratello. Se tutti facessimo questo, se tutti riuscissimo ad arrivare a fare questo, a livello spirituale intendo, già saremmo un passo avanti. Lavarmi i piedi vuol dire farmi pane, darmi da mangiare agli altri. E questo è ciò che ha fatto il Signore, è ciò che chiede a noi. Non siamo solo persone, siamo anche suoi sacerdoti. Siamo chiamati ad essere un altro Cristo, a mostrare il suo volto, il suo amore, ad essere suoi testimoni in maniera particolare, in maniera speciale. Quindi ecco cari fratelli continuamo a chiedere il dono dello Spirito Santo perché possiamo pensare: “cosa voglio io per me? Cosa voglio io per gli altri? A mettere da parte ogni orgoglio. A fare questo passaggio di buttarci nelle mani di Dio. Penserà Lui a tutto. Non ci mancherà nulla.

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