Discorso finale e Solenne conlusione del III Capitolo Provincial MAPRAES del Superiore Generale, Joachim Rego

Cari fratelli, come ho il compito di aprire il capitolo, ho anche il compito di chiuderlo. Voglio dirvi che per me è stata un’esperienza molto bella e anche avvincente. Ringrazio per essere stato qui e per  aver ascoltato tutte le cose che avete condiviso, alcune volte anche in modo molto appassionato. È qualcosa che mi ha riscaldato il cuore, perché mi rivela la passione che avete per la vostra vocazione di passionisti. Mi rivela il vostro amore per la Congregazione. Mi rivela anche la vostra sequela di Gesù nel mondo di oggi.

Sappiamo tutti le nostre debolezze, sappiamo tutti il nostro desiderio di arrivare ad un certo obiettivo e conosciamo anche le nostre incapacità nel raggiungerlo. Questo limite non è una cosa cattiva, l’importante è che lo riconosciamo. Perchè quando lo riconosciamo scopriamo che non siamo noi ad avere il controllo.

Non vogliamo costruire un “grande regno”: non è il nostro lavoro! Il nostro compito è costruire il Regno di Dio. Come Congregazione siamo parte della Chiesa e, insieme, vogliamo realizzare il Regno di Dio. É quello che chiediamo ogni giorno pregando il Padre Nostro. Diciamo a Dio: “venga il Tuo Regno”. E il Regno non è un luogo, non è un palazzo. Il Regno sono i valori per cui dobbiamo vivere, i valori di Dio. Vogliamo vivere e realizzare cose come: la pace, la giustizia, la bellezza, la Verità, il predono e la riconciliazione. Queste sono le cose che vogliamo vivere giorno per giorno. E sappiamo che noi siamo stati chiamati a vivere queste cose dentro una comunità passionista. Per questo cerchiamo di vivere il Regno nella nostra vita quotidiana e lo testimoniamo  a tutto il mondo proprio vivendo la comunità.

Ci sono tante cose che stanno avvenendo nel nostro mondo e a volte noi siamo tentati di guardare solamente dentro noi stessi, magari per dire: “il mio regno sta crescendo; lo sto facendo più grande, più popolare!”. Ma non è di questo che ci occupiamo, noi cerchiamo di vivere nella semplicità. E vivere semplicemente non è facile. Magari è più facile vivere in modo complicato. Ma, vi chiedo, cerchiamo di vivere nella semplicità, cerchiamo di essere contenti. Mettiamo tutto nelle man di Dio!

Per i 300 anni della Congregazione, celebrati recentemente nel giubileo, come ho già detto in quell’occasione, noi vogliamo ricordarci di tutti i passionisti vissuti dal tempo di San Paolo della Croce fino ad oggi.  E quando facciamo questo, dal momento che qualcuno di questi passionisti li abbiamo conosciuti personalmente, ricordiamo le loro doti ma anche le loro debolezze. Vediamo le cose buone, ma vediamo anche le cose cattive. Alcuni di loro gli abbiamo amati, li abbiamo presentati come eroi, e altri, invece, ringraziamo per non averli mai conosciuti. Ma questi sono tutti nostri fratelli. E loro con le loro sofferenze hanno comunque mandato avanti la Congregazione. E Dio ha lavorato tramite tutti loro!

Ma Dio ha lavorato anche con nella Congregazione. E con tutte queste cose buone, ma anche con le cattive, Lui comunque ci ha benedetti! E dopo 300 anni siamo ancora qua. Non abbiamo ancora trovato la fine, siamo ancora in cammino! E adesso la Chiesa ci chiede di fare questo cammino nella sinodalità, cioè insieme! Se c’è una cosa che io vorrei dire a voi e alla vostra provincia nella Congregazione, a motivo del cammino che la vostra provincia ha intrapreso, è questa: “costruite comunione! Costruite lo stare insieme!”.

Dovete farlo perché voi venite da parti ed esperienze diverse. Non solo differenti nazioni e culture, ma anche da diverse abitudini e tradizioni di vita passionista. Quindi non vogliamo semplicemente tirarci indietro dicendo: “la mia è migliore della tua, noi abbiamo fatto così nella nostra ex provincia e anche voi adesso dovete far così!”. Come avete detto anche voi in questo capitolo, dobbiamo essere radicati nella nostra esperienza del passato, non possiamo tagliare quelle radici, perché se tagli le radici muori. Quindi tenete le radici, ma non restate imprigionati dentro di esse! andate avanti! Avete scelto di essere uniti come unica provincia: andate avanti, costruite comunione! Usate le vostre risorse per far circolare le persone per conoscervi gli uni gli altri. Queste cose sono importanti se vogliamo crescere assieme. Perché altrimenti continueremo a fare solo quello che abbiamo sempre fatto e questo non ci darà la vita.

Una cosa molto importante, ma anche triste, che ho sentito in questo capitolo, l’ha detta padre Andrea, usando anche lui, mentre faceva l’intervento, la parola “triste”: non so se vi ricordate?

Lui ha detto che questo è stato il suo primo capitolo e ha detto che è stato triste sentire alcune delle cose che ci siamo detti. Perché lui percepiva che non stavamo andando avanti! Non eravamo in cammino. Perché lui, come giovane che viene dell’esperienza della Mapraes, e non dalle esperienze del passato, sembrava chiederci: “in che direzione stiamo andando? Per noi giovani qual’è il futuro?”

Questa è una cosa dura e difficile da ascoltare!

Quindi pensate al futuro! Il passato è andato. Abbiamo imparato dal passato ma non possiamo tornare nel passato. Dobbiamo andare avanti!

In questo capitolo avete preso delle decisioni che stanno andando verso il futuro!

Alcune sono decisioni dolorose. Sarà molto doloroso chiudere comunità e case e lasciare tutte quelle cose che noi amiamo. Sarà difficile incontrarci con le persone con cui abbiamo lavorato per tanto tempo e dire: “addio, dobbiamo andarcene”. Ma noi non prendiamo queste decisioni alla leggera. Ci riflettiamo, ne abbiamo parlato, abbiamo fatto discernimento con Dio su di esse! Guardando non solo a ciò che si chiude, ma anche a ciò che si apre. Noi chiudiamo per aprire qualcosa di nuovo. E i nostri giovani ci stanno dicendo: “mostraci qualcosa di nuovo che ci darà vita!”.

Non perché abbiamo fatto una cosa per 300 anni significa che bisogna continuare a fare la stessa cosa. Il  mondo cambia e noi dobbiamo stare in questo mondo.

Come ci ricorda anche il magistero, noi religiosi e sacerdoti non siamo la maggioranza della Chiesa. La gente che sta seguendo la stessa vocazione con noi, cioè la chiamata a seguire Gesù a motivo dello stesso battesimo, queste persone, che hanno deciso di seguire Gesù nella vocazione laicale, ci chiedono di relazionarci con loro nella missione della Chiesa e della Congregazione. Cercate di guardare non soltanto a ciò che noi diamo a loro, non solo il modo in cui noi evangelizziamo loro; ma guardate anche allo stare con loro e al ricevere da loro ciò che essi danno a noi. Guardate al modo in cui loro stanno evangelizzando noi! Non dobbiamo pensare che siamo solo noi a dare agli altri. Dobbiamo essere umili riconoscendo che abbiamo bisogno che anche gli altri diano a noi. E questo è il cammino sinodale che stiamo intraprendendo nella Chiesa.

Siete a conoscenza dell’ultima fase del cammino sinodale? Quella continentale? Il sinodo ha scelto questa immagine del profeta Isaia: “allarga la tua tenda”. È un’immagine bella, è una sfida. Perché ci viene chiesto non di stare in piccoli gruppi, ma di allargare la nostra visuale, allargare gli spazi, per includere anche gli altri. Noi siamo bravi ad escludere, ma non siamo molto bravi a includere. Iniziamo a fare questa inclusione all’interno delle nostre comunità. Perché molti nelle comunità si sentono esclusi. Questo significa estendere la nostra tenda. Includere quelle persone che stanno seguendo l’unica vocazione ma in modalità diverse, come i nostri laici. Andate avanti d’ora innanzi, in modo nuovo. Guardate avanti dentro grandi speranze, ma fatelo assieme. Parlate, dialogate. È la cosa più importante oggi. 

Quando non si dialoga ci vengono bloccate molte cose, e invece di unirci ci dividiamo. Non vogliamo che questo accada. Quindi incoraggiate il dialogo e l’ascolto. Ognuno di noi non possiede tutta la sapienza; c’è sapienza in ciascuno. Dunque siate disponibili a questo ascolto, perché ci può cambiare.

E per quelli che hanno responsabilità di governo -se volete un consiglio nella mia personale esperienza- consultate non soltanto i vostri consultori, ma anche i confratelli e lo sorelle.

Per concludere vorrei dire alcune parole di ringraziamento. Ci sono persone che hanno lavorato molto tenacemente a partire dal consiglio provinciale uscente fino alle commissioni di preparazione di questo capitolo. A loro vogliamo dire che apprezziamo il lavoro fatto per arrivare a questo capitolo.

Ringraziamo poi il lavoro del moderatore: padre Antonio. Non è un compito facile e richiede molto ascolto per creare un processo che possa portarci dove Dio intende condurci. Grazie per averci aiutato!

Ringrazio il nostro segretario padre Luigi (Procopio), il suo aiutante confr. Gianluca. Grazie per il lavoro fatto ascoltando e prendendo appunti. Ringrazio i confratelli che hanno aiutato in vari modi: Humberto, Mirko e Fabio. Grazie! Vogliamo ringraziare poi padre Vito per le liturgie molto creative e per l’accoglienza e la preparazione della casa di esercizi. Ringraziamo i due scrutinatori padre Carlo Maria e padre Andrè. 

E poi voglio ringraziare ancora una volta il provinciale SCOR: padre Juan Manuel. La sua presenza è  molto importante per noi e ha già prodotto i frutti per la collaborazione delle due province. Speriamo dunque possa continuare. Grazie per le tue parole. Auguriamo a te e ai tuoi confratelli tutte le benedizioni di Dio.

Grazie ancora a padre Luigi (Vaninetti) e ai membri del consiglio uscente, per gli otto anni di cammino di questa nuova provincia. Sono sicuro sia stato un cammino molto difficile e tu con i tuoi due consigli avete dovuto fare questo percorso in modo molto creativo. Ci saranno stati quelli d’accordo e quelli che non sono stati d’accordo, ma tu sei stato capace di guidare il cammino. Io personalmente conosco il peso che hai dovuto portare. Voglio anche dire che c’è stato un tempo in cui sono stato molto preoccupato per te. Ma con il sostegno del tuo consiglio e dei tuoi fratelli tu sei riuscito a portare avanti la provincia. E per questo ti ringraziamo!

E adesso il viaggio continua con padre Giuseppe e i suoi nuovi consultori. Non deve essere un mettere da parte il passato e cominciare tutto da capo. Ci saranno certo cose nuove, ma nella continuazione di ciò che è stato. A tutti i fratelli e le sorelle della provincia chiedo di sostenerti nel cammino che state pianificando per i prossimi anni. Da me e dal mio consiglio ti prometto il mio appoggio.

E con queste parole:

            io ora dichiaro questo terzo capitolo della provincia Mapraes chiuso!

Sesto Giorno – 18 Marzo

L’ultima giornata capitolare è iniziata con la Celebrazione delle Lodi presiedute da padre Gianluca Garofalo.

Orazione delle Lodi presiedute da padre Consultore Gianluca Garofalo

In aula, dopo la preghiera di invocazione dello Spirito Santo, si è svolto l’Appello dei membri del Capitolo. Sono seguite le ultime votazioni capitolari.

Prima di tutto si è dato lettura dell’Instrumentum Laboris. Passando in rassegna gli 8 settori:

Vita Comunitaria;
Formazione;
Pastorale Giovanile Vocazionale;
Attività Apostolica;
Missione ad Gentes;
Laici;
Economia e Solidarietà;
Governo

Si è poi votato punto per punto per la promulgazione del Documento.

Lo scrutinio successivo ha invece riguardato le Proposte giunte e discusse dal Capitolo. Anche qui, passando in rassegna ogni proposta, si è proceduto all’Approvazione delle Proposte che hanno raggiunto la maggioranza assoluta dei voti.

Infine, i padri capitolari, si sono pronunciati sulla promulgazione del Piano di Riqualificazione Carismatico. I tre punti del Documento sono stati approvati, ancora una volta, attraverso il raggiungimento della maggioranza assoluta dei voti.

L’Assemblea ha poi aperto un momento di condivisione e verifica sull’andamento del Capitolo.

Ultimi lavori capitolari

La parte finale della sessione ha visto i saluti del padre Provinciale SCOR Juan Manuel Benito Martin, presente come invitato al Capitolo, e successivamente quelli del padre Provinciale Giuseppe Adobati.

Infine, dopo l’intervento conclusivo del padre Generale Joachim Rego è avvenuta, sempre da parte di quest’ultimo, la Solenne Dichiarazione di chiusura del Terzo Capitolo Provinciale Mapraes.

Infine si è passati nella cappella del Santo Fondatore per la celebrazione eucaristica conclusiva, presieduta dallo stesso padre Provinciale Giuseppe Adobati (omelia disponibile qui).

Omelia del padre Provinciale Giuseppe Adobati, per la celebrazione di chiusura del III Capitolo Provinciale MAPRAES

Viviamo questo momento come un’occasione per completare sopratutto l’ascolto che abbiamo fatto in questi giorni, soprattutto alla luce della Parola di Dio. Mi unisco al ringraziamento per ciò che abbiamo ascoltato. Ci vuole sempre più tempo di quello che abbiamo per saper approfondire. Questo vale per l’esercizio della fraternità, che nasce dall’ascolto in chiave sinodale. Ma vale anche per l’ascolto della Parola di Dio, che richiede, appunto, sempre tempo in più, benchè essa possa sembrare la stessa.

Desidero finire questo momento senza smettere di ascoltare.

Ringraziamo di tutto ciò che abbiamo detto e di tutto ciò che abbiamo ascoltato. Ringraziamo per le parole che abbiamo espresso e per l’attenzione alle varie realtà che sono emerse nel Capitolo.

Vorrei consegnarvi, ora, qualche spunto della Parola di Dio che ci è data in questo periodo di Quaresima. Mi è parso di cogliere che la Parola di Dio, di quest’oggi, ci parla della preghiera.

Sia il testo di Osea, sia la parabola di Gesù hanno a che fare con la preghiera e mettono in evidenza come la preghiera sia non solo opera nostra, ma anche accoglienza e partecipazione di Dio.

Sia in Osea che nella parabola notiamo il punto di vista di Dio. Come Dio guarda coloro che, come dice il profeta Osea, dicono: “venite torniamo al Signore, pentiamoci!”. Notiamo questo desiderio di tornare, questa consapevolezza dei nostri peccati. E Dio si chiede: “cosa dovrò fare per te Efraim? Che dovrò fare per te Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino!”. Citazione questa che fa pensare a ciò che sta succedendo in  questi giorni, nei quali ci sono molte nuvole, anche pittoresche, ma non c’è acqua. Questo è il dramma che la terra di Israele vive da secoli. Allora queste belle nuvole sembrano promettere chissà che cosa, ma in verità non c’è nulla.

Ecco allora la preghiera del popolo che cerca di intercettare Dio, e Dio che guarda questa preghiera. E ascolta! Dio vuole amore e conoscenza, non sacrificio e olocausti. Questo si collega al testo del Vangelo dove, in fondo abbiamo, due uomini che vanno a pregare. E vanno a pregare nella consapevolezza che la preghiera è importante. Tuttavia, anche qui troviamo, da una parte, colui che ha la presunzione di essere giusto, di essere dalla parte di Dio. E dall’altra chi, invece, forse ha la presunzione di essere completamente lontano. Ecco che dunque ritorna questo movimento dell’uomo che invoca Dio cercando la sua misericordia, cercando delle “strategie” per pregare. Al tempo di Osea, queste strategie, potevano essere chissà quali sacrifici, chissà quali rituali; per il fariseo, invece, era il presentare la sua coerenza e la sua  osservanza; per il pubblicano è la consapevolezza che è un disgraziato, una persona chiusa nel suo male e nella sua incapacità di fare il bene. E allora il punto è che tutte queste preghiere sembrano senza un finale; sembrano chiuse in se stesse. Il buono rimane buono e il cattivo rimane cattivo: ma la differenza la fa Dio! La differenza è fatta da come Dio guarda e da come Dio vede. Gesù mette in evidenza che i giustificati non sono quelli che hanno pregato bene o hanno pregato meglio, ma tutto dipende da un diverso sguardo di Dio.

Tutto questo mi suscita un esempio. Mi fa venire in mente che ho vissuto qui per 6 anni (ai santi Giovanni e Paolo). Il primo giorno di questa settimana guardando dalla finestra mi sono accorto, per la prima volta, che si vede il palazzo della cultura italiana, il monumento che c’è all’EUR. Mi ha stupito che da qui si possa vedere, perché da qui, per andar li, ci vogliono almeno venti minuti di automobile. Ebbene questo mi fa capire che la nostra casa qui a Roma gode di uno sguardo elevato su Roma, e mi ha fatto pensare a come questo guardo sia diverso rispetto a uno sguardo dal basso. Questo mi fa pensare a come Dio vede la nostra realtà, la nostra vita. Tornando dunque a Osea e a questo popolo che fa tribolare Dio, credo che il cuore della passione di Dio, non sia solo quello di avere dei bravi sudditi, o dei bravi fedeli, o dei bravi osservanti; ma sia quello di entrare dentro l’uomo, saper convertire, cambiare il cuore. Dio sa entrare in un territorio che non è il suo; sa seminare dove non cresce nulla! E questa è la scommessa del convertire. Non dire semplicemente ci sono i meritevoli e i non meritevoli, ma sempre andare a scommettere che si può cambiare: la conversione, il cambiamento, che poi è la provocazione del tempo di Quaresima.

Questo mi fa anche pensare a Paolo della Croce. Da giovane egli sentì l’impulso a mettersi al servizio di Dio e sappiamo che a un  certo punto egli pensò di diventare martire al servizio della Chiesa. Pensava di fare ciò attraverso l’esempio dei crociati, benedetti dal Papa. Era questo un modo per cercare di strappare la Terra Santa a coloro che erano considerati degli infedeli. Si diceva: “noi siamo quelli che portano la reliquia, il segno della grazia di Dio, e gli altri non lo sanno, anzi la contaminano”. Quindi la crociata serviva a riconquistare quella Terra perché fosse valorizzata come doveva esserlo. Questo era il modo di pensare che Paolo della Croce ha respirato al suo tempo, ma che poi ha capito non essere il suo. Questo lo ha portato a capire che chiaramente c’è un problema di contaminazione, di mancanza di capacità di fare il bene, c’è un problema di male. Ma questo non lo si risolve dividendo, o cacciando i cattivi o gli infedeli. Lo si risolve in maniera diversa.

Ed ecco quindi la passione di Gesù intesa come rimedio al male del mondo, a tutto ciò che è disgrazia nella storia dell’umanità, a tutto ciò che genera peccato e porta alla morte! Allora questa passione di Dio, questo sguardo di Dio, questo desiderio di Dio che invoca l’amore come nel profeta Osea, o come Gesù che invoca la preghiera quale atteggiamento dell’uomo dinanzi a Dio, mi porta pensare al desiderio di Paolo della Croce, al desiderio di fare memoria dell’amore di Gesù, dell’amore del Figlio che va a erodere nei cattivi la dimensione del male.

E questo penso sia il motivo per cui siamo qui.

Abbiamo anche dibattuto per questo in questi giorni. Perchè li dove siamo noi, dovremmo lavorare per questo: testimoniare l’amore del Signore, trasmettere un bene che è di Dio, che cerca di trasformare e convertire il male che c’è. Quindi chiedo al Signore che attraverso il nostro carisma, San Paolo della Croce ci riempia di questo suo sguardo, di questa sua passione, di questo suo desiderio che noi, la dove siamo, possiamo continuare ad essere servitori di questa scommessa: cambiare, convertire il cuore dell’uomo, renderlo capace di una relazione d’amore che non è solo essere buoni o offrire a Dio qualcosa, ma diventare strumento, servitori di questa grazia. La colpa del fariseo non è solo quella di disprezzare gli altri, ma è quella di escluderli. Egli dice: “siccome io sono buono e gli altri cattivi, non c’è legame tra me e loro”. Il sintomo che siamo secondo il cuore di Dio è invece il rovescio. Cioè  Dio ci insegna a essere si buoni e osservanti, ma anche a testimoniare questo amore per gli altri. Non per diventare esclusivi, per diventare una elite. Il Signore ci aiuti ad avere questo sguardo che è diverso. Questo sguardo che ha gli stessi ingredienti ma in una percezione diversa, aperta ad un mistero più grande. Che san Paolo della Croce ci doni questo! Tornando a casa, vivendo questo clima di fraternità, il Signore ci doni di custodire questo entusiasmo e poterlo trasmettere, con la testimonianza, ai nostri fratelli e sorelle, e a tutti coloro a cui offriamo il nostro servizio e ministero.  

Quinto Giorno – 17 Marzo

La giornata è iniziata con la Celebrazione Eucaristica guidata da padre Salvatore Frascina. Con lui i concelebranti principali sono stati i padri Paolo Cortesi e Marco Staffolani. L’omelia può essere consultata qui.

Celebrazione Eucaristica del 17 Marzo

Nella mattinata si è poi proceduto al momento decisivo del Capitolo: l’elezione del 3º Superiore Provinciale della MAPRAES. Dopo le votazioni è stato eletto padre Giuseppe Adobati.

Superiore Provinciale MAPRAES: padre Giuseppe Adobati

Dopo le consuete congratulazioni e foto di rito, i Capitolari sono rientrati in Aula e hanno ripreso le discussioni.

Saluto del Superiore Generale, padre Joachim Rego, al neo-eletto Superiore Provinciale, padre Giuseppe Adobati

Sono state presentate all’Assemblea 12 proposte sulle quali, singolarmente, il Capitolo si è pronunciato mediante votazione. È poi stato votato il numero di Consultori da eleggere. L’Assemblea si è pronunciata per scegliere 6 Consultori.

I lavori si sono interrotti con la pausa pranzo e i festeggiamenti per celebrare il lieto evento di oggi.

Nel pomeriggio si è passati all’elezione dei 6 Consultori. Sono stati scelti:

Infine, l’Assemblea ha votato per definire quale dei 6 Consultori dovesse assumere l’incarico di Primo Consultore. È stato votato padre Daniele Pierangioli, il quale ha accettato l’incarico.

I Capitolari si sono dunque spostati nella Capella del Santo Padre Fondatore, Paolo della Croce, per intonare il Te Deum di ringraziamento. Ad esso è seguita la Professione di Fede del neo-eletto Superiore Provinciale e la benedizione, da parte dello stesso padre Provincale, di tutti i religiosi Capitolari presenti, a significare la benedizione impartita a tutta la Provincia.

Professione di Fede del neo-eletto dinanzi al Superiore Generale

Dopo cena, i Capitolari sono tornati al lavoro. Dopo la lettura in Aula del messaggio di congratulazioni della Madre Generale delle Suore Passioniste, l’Assemblea ha discusso del Piano di Riqualificazione Carismatico.

Con le ultime votazione si è infine conclusa questa densa giornata di lavori capitolari.

Reliquie di San Paolo della Croce, nella Cappela a lui dedicata – Basilica dei Ss. Giovanni e Paolo, Roma

Omelia della celebrazione eucaristica del quinto giorno di padre Salvatore Frascina

Possiamo dire che questo giorno è iniziato con un grande dono da parte del Signore, il dono della sua Parola, della fraternità, il dono della chiamata. Il dono di confermare ancora una volta che siamo qui e vogliamo essere suoi. Allora sprofondiamoci in questa Parola, in questo mare che oggi ci è stato donato attraverso i salmi delle lodi, attraverso le letture della Messa, per accedere sempre più in profondità fino al cuore di questa liturgia, che poi continuerà con questa giornata. E allora ecco, il Signore ci mette dinnanzi una Parola bellissima, dura allo stesso tempo. Se abbiamo fatto caso, la prima lettura è l’ultima parte del libro del profeta Osea. Un libro in cui si parla di un Israele che è stato peccatore, però nonostante tutto, il Signore gli ha detto di ritornare a Lui, perché Lui avrebbe pensato a tutto. Quindi vogliamo anche noi fare questo grande passaggio ogni giorno, ogni momento: “Signore non sono io che agisco, sei tu che agisci!”. Il Signore che purifica, che ci accoglie, che ci abbraccia, il Signore che ci accarezza, che ci bacia, il Signore che ci mette l’anello al dito. Tante volte noi ci perdiamo dietro a tantissime cose; tante volte ci perdiamo dietro noi stessi, nel nostro egoismo. Ci domandiamo cosa voglio io, anziché cosa vuole Dio. E ci viene in aiuto il Vangelo. Come possiamo fare questo? Come possiamo essere continuamente con questa mente allenata a lasciarci plasmare dal Signore?

Come facciamo a lasciarci plasmare da Lui, a stare nelle sue braccia. Come possiamo fare? Ci viene in aiuto il Vangelo. Gesù ci dice con una sola parola, la parola più bella, la parola più grande come bisogna fare: Ama Dio!

Qual’è il comandamento più grande? Ama Dio. Ma io l’amore per Dio lo prendo dall’amore per il prossimo e dall’amore per me stesso. Non l’amore narcisistico. Io posso amare l’altro nella misura in cui mi amo. Posso dare all’altro nella misura in cui do a me stesso! Quindi il Signore mi chiama ad amarmi prima di tutto e a chiedermi: cosa voglio io per me? E quello che io voglio per me, devo volerlo anche per l’altro e anche di più, perché lo stesso Gesù al termine del Vangelo di Giovanni arriverà a dirci: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Come ci ha amato?

Ieri sera nella simbologia dell’adorazione eucaristica abbiamo utilizzato il pane, il grembiule e l’anfora. Allora se io mi amo, se io mi voglio bene, devo curarmi di me stesso. Devo anche riuscire a lavarmi i piedi, devo chinarmi per riuscire a lavarmi i piedi. Allora Gesù mi dice: “fallo anche con il tuo fratello!” Devo chinarmi a lavare i piedi a mio fratello. Se tutti facessimo questo, se tutti riuscissimo ad arrivare a fare questo, a livello spirituale intendo, già saremmo un passo avanti. Lavarmi i piedi vuol dire farmi pane, darmi da mangiare agli altri. E questo è ciò che ha fatto il Signore, è ciò che chiede a noi. Non siamo solo persone, siamo anche suoi sacerdoti. Siamo chiamati ad essere un altro Cristo, a mostrare il suo volto, il suo amore, ad essere suoi testimoni in maniera particolare, in maniera speciale. Quindi ecco cari fratelli continuamo a chiedere il dono dello Spirito Santo perché possiamo pensare: “cosa voglio io per me? Cosa voglio io per gli altri? A mettere da parte ogni orgoglio. A fare questo passaggio di buttarci nelle mani di Dio. Penserà Lui a tutto. Non ci mancherà nulla.

Quarto Giorno – 16 Marzo

Con questo quarto giorno di lavori, i Capitolari sono arrivati a metà del cammino intrapreso. La Celebrazione Eucaristica mattutina quest’oggi è stata celebrata in lingua portoghese, presieduta da padre André Pereira, affiancato dai padri Paulo Correia e Nuno Ventura (omelia disponibile qui).

Celebrazione Eucaristica del 16 Marzo

Successivamente, in Aula Capitolare, dopo l’approvazione dell’agenda giornaliera, padre Giuseppe Adobati ha presentato al Capitolo l’Instrumentum Laboris. Con esso, sono state proposte svariate azioni riguardanti 8 settori:

1. Vita Comunitaria
2. Formazione
3. Pastorale Giovanile Vocazionale
4. Attività Apostolica
5. Missione ad Gentes
6. Laici
7. Economia e Solidarietà
8. Governo

Sciolta l’assemblea, i 6 gruppi di lavoro hanno ciascuno discusso sulle azioni proposte nell’Instrumentum Laboris.

Una volta riunita nuovamente l’intera assemblea, i 6 segretari hanno riportato in Aula il riassunto dei lavori compiuti da ciascun gruppo, dando avvio a un nuovo momento di dialogo.

Dopo di ciò si è compiuto un primo sondaggio di massima per l’elezione del nuovo Superiore Provinciale.

L’assemblea si è dunque nuovamente sciolta, mentre i segretari dei 6 gruppi si sono riuniti con il rappresentante della Comissione Preparatoria dell’Instrumentum Laboris, per riformulare le azioni di tale documento apportando eventuali modifiche proposte nella discussione capitolare.

Nel pomeriggio il moderatore, padre Antonio Monduate, ha presentato i risultati del primo sondaggio di massima per l’elezione del nuovo Superiore Provinciale. Si è poi proseguito il lavoro sulle proposte di modifica dell’Instrumentum Laboris. Dopo numerose votazioni si è trovata una versione definitiva di tale documento capitolare.

Al termine del pomeriggio il padre Generale, Joachim Rego, ha invitato l’assemblea capitolare ad aprire un momento di discussione in Aula sulle caratteristiche che il nuovo Provinciale dovrebbe avere secondo le aspettative del Capitolo.

La seduta si è conclusa con l’intervento finale del padre Generale che può essere consultato qui.

Con la preghiera vespertina, i Capitolari hanno voluto infine vivere un particolare momento di Adorazione Eucaristica, per prepararsi alla decisiva giornata di domani nella quale saranno chiamati all’elezione del nuovo Superiore Provinciale. La preghiera è stata guidata da padre Andrea Deidda. Durante essa sono stati portati all’Altare 3 simboli volti a richiamare l’attenzione e la preghiera sull’atteggiamento di servizio, dono di sé e svuotamento, che ogni religioso è tenuto ad avere, in particolare colui che verrà eletto Provinciale.

I 3 simboli, pane, grembiule e anfora vuota, portati dinnanzi al Santissimo Sacramento

Sciolto il momento di preghiera, il Santissimo Sacramento è rimasto esposto per permettere ai padri Capitolari di prosseguire personalmente il momento di preghiera durante la serata.

Intervento del padre Generale, Joachim Rego:

Chi è il Provinciale che stiamo cercando?

È stata una bella condivisione sentire da alcuni di voi i desideri sul nuovo provinciale e la sua curia. Ma non dobbiamo dimenticarci che anche le nostre costituzioni dicono alcune cose belle e importanti circa l’autorità nella nostra Congregazione. Voglio finire questa condivisione leggendo dalle pagine delle nostre Costituzioni alcuni numeri.

Il primo è il numero 108, che parla della funzione dell’autorità:

“Nella Chiesa l’autorità è concessa come servizio fraterno da compiere in nome di Dio da coloro che la esercitano. Perciò quanti hanno responsabilità di governo in Congregazione devono essere attenti alle manifestazioni dello Spirito, per guidare la comunità in modo da promuovere armonicamente la crescita di ciascun religioso e del bene comune dell’Istituto.”

L’autorità è data perché coloro che la ricevono possano dare un servizio fraterno a nome di Dio!

È molto importante quanto viene detto. L’autorità è per il servizio fraterno! Poi viene detto che coloro che hanno l’autorità devono essere sensibili all’opera dello  Spirito. Questa è una sfida per tutti noi: perché di solito a noi non piace ascoltare nessun altro, se non noi stessi! É un istinto naturale umano quello di voler controllare tutto. Ma questo non è la nostra vita! Perché nella nostra vita qualsiasi cosa noi facciamo, la facciamo nel nome di Dio. E quindi dobbiamo dipendere da Dio e ascoltare lo Spirito di Dio. Questo è un punto importante!

Poi, nelle costituzioni viene detto che l’autorità deve guidare la comunità in modo da promuovere lo sviluppo armonico di ciascun singolo religioso! Non solo di quelli che ti piacciono; non solo quelli che sono amici tuoi; non solo quelli con cui vai d’accordo. Ma anche quelli che sono una spina nel fianco per te! Questo non è facile. Quando tu devi affrontare un fratello col quale non vorresti avere nulla a che fare, devi mettere da parte il tuo io per prenderti cura di questo fratello e, come dicono le costituzioni, dare a lui uno sviluppo armonico.

E tutto questo va fatto per il bene comune della Congregazione e della provincia!

Adesso passiamo al numero 124 delle Costituzioni che parla nello specifico del ruolo del superiore provinciale:

“Il superiore provinciale deve dirigere e animare le comunità e legarle in fraterna unità. Deve essere attento alle mozioni dello Spirito e vivamente consapevole delle differenti situazioni. Con l’aiuto del suo Consiglio e degli organismi stabiliti potrà valutare con giusta responsabilità lo stile di vita e la fedeltà delle comunità.

Sembra molto chiaro. State cercando una persona che come Provinciale possa ispirare e animare. Aiutare le comunità e i fratelli a essere uniti. Ancora una volta si parla di ascoltare l’azione dello Spirito. Il Provinciale deve essere sensibile e attento alle diverse situazioni.

Come vedete ci sono differenze tra di noi; numerose differenze nel modo in cui vediamo, nel modo in cui pensiamo e nelle diverse nazioni da cui veniamo.

Il suo ruolo, poi, è anche quello di giudicare con responsabilità tutto ciò che riguarda lo stile di vita e la fedeltà delle comunità in cui viviamo. Con il suo consiglio deve occuparsi di questo: come viviamo? Cosa stiamo facendo? Come siamo fedeli alla nostra vocazione di passionisti?

E poi il numero 125:

“Il superiore provinciale che abbia profondamente a cuore il bene dei religiosi della provincia, cerchi ogni mezzo di valorizzarne volentieri le capacità, sia per il loro bene che per quello della provincia. Svolga il suo compito additando gli obiettivi, chiarendo i valori e suggerendo motivazioni ispirate alla genuina vita passionista. Poiché egli è il principale responsabile del buon andamento della provincia deve organizzarne l’efficace azione, dirimerne i contrasti, sorvegliare l’esecuzione dei programmi affidati dall’autorità generale e provinciale e promuovere una più stretta unione della provincia con la Congregazione.”

Deve essere un uomo con un cuore che si prende cura dei religiosi. Tutti i religiosi! Il religioso che ti piace e quello che non ti piace. Deve incoraggiarli a usare i propri talenti, i propri doni, a realizzare le proprie potenzialità. Ognuno ha diversi doni. Ovviamente la provincia ha delle attività per cui si esige personale e il provinciale deve aiutare  i religiosi a usare i loro doni per queste cose. E poi come superiore deve indicare gli obiettivi, chiarire i valori e suggerire motivazioni che ispirino una genuina vita passionista. Questi valori vengono dalla nostra vita, da ciò che dicono le nostre Costituzioni, ma anche dalla Parola di Dio. Inoltre gli obiettivi sono anche quelli che state proponendo voi in questo capitolo. E il suo compito è quello di elaborare tutto questo, insieme a voi, in modo da poter crescere nella vita passionista genuina. E poi è suo compito vigilare affinché la provincia rimanga sana e si sviluppi con buon andamento. E chi di voi è già stato provinciale sa che questo non è facile. Moltissimo del nostro tempo viene speso per creare una vita buona perché, come dice il numero 125, il provinciale deve dirimere i contrasti. Perché nelle comunità ci sono degli scontri. E anche dentro la provincia ci sono gli scontri; li abbiamo sentiti anche in questo capitolo.

La persona che scegliete come provinciale deve essere capace di lavorare, negoziare e risolvere questi contrasti. Per cui da quello che avete condiviso e da quello che ci dicono le nostre Costituzioni è chiaro il tipo di persona che stiamo cercando.

Per cui prendete tutto questo, portatelo nella preghiera questa sera e chiedete al Signore: “in questo momento, per i prossimi quattro anni, tra noi della provincia dove ognuno è eleggibile e meritevole, e persino tra quelli che sono indegni – chiedo al Signore – chi è colui che tu Signore mi stai proponendo di scegliere domani?” Questo è tutto quello che possiamo fare!

E chiunque verrà scelto sosteniamolo in modo autentico! Dite ciò che pensate, dialogate; ma andiamo avanti per il bene comune della provincia! Questo è tutto!

Omelia della celebrazione eucaristica del quarto giorno di Capitolo di padre André Pereira

“Oggi, se ascoltate la voce del Signore, non indurite il vostro cuore”.

In questo giorno siamo invitati a riflettere come ascoltiamo la voce del Signore. Quale impatto ha la voce del Signore sulla mia vita? Come ci trasforma e come nutre il mio cuore?

Il mio cuore è ancora come il cuore di cui ci parla il profeta Geremia? Un cuore testardo, un cuore che non si apre agli altri?

Con la Parola del Signore il nostro cuore si apre a tutti gli uomini, perché si nutre della Parola divina.

Se ci nutriamo della Parola del Signore, anche se il nostro cuore ha una sola piccolissima porta aperta, la grazia del Signore può sempre entrare. C’è sempre spazio per questa Parola in modo che possiamo veramente gioire nel Signore.

E quando possiamo gioire nel Signore? Quando facciamo del bene! Come ha detto Gesù nel Vangelo, in questo confronto con l’uomo posseduto dal demonio.

Un uomo muto che non parlava. Ma dopo che Gesù si è avvicinato a lui, dopo averlo salvato da questo male, l’uomo ha ricominciato a parlare.

E, naturalmente, questo comportamento di Gesù è stato additato, è stato condannato, perché è stato frainteso. Ora facciamoci una domanda: quante volte veniamo fraintesi?

Certamente tante volte e, in questi momenti, cerchiamo di accostarci alla Croce del Signore e, attraverso il bene, costruiamo l’unità di cui ci parla il Vangelo, l’unità del Regno.

Siamo qui al Capitolo provinciale per creare unità!

Continueremo a chiedere al Signore la forza dello Spirito Santo, perché si crei davvero unità e non dispersione. Non allontaniamoci soprattutto tra noi fratelli e amici, seguiamo insieme Gesù Cristo crocifisso.