Omelia della celebrazione eucaristica del terzo giorno di Capitolo di padre Adolfo Lippi

Comincio quest’oggi innanzi tutto col ricordare e ringraziare il Signore e i fratelli per la tanta vita che ho vissuto in questo luogo. Venni qui per la prima volta, pensate nel 1959, e nel capitolo generale straordinario di cui siamo rimasti testimoni solamente io e Confratel Sergio (Maino), qui presente. Per ciò che mi è stato dato in tutti questi anni vorrei ringraziare il Signore!

Passando alla liturgia di oggi, un primo pensiero vorrei farlo sull’esperienza, che da anni conduco, di dialogo con l’ebraismo. Gesù infatti sembra dirci: “non crediate che io sia venuto a formare una nuova religione! A sostituire una religione particolare con una universale”.  Gesù è contro questa mentalità, possiamo dire, illuminista e ideologica. Noi siamo radicati in Israele. E Israele vive una passione che parte da Adamo e arriva ad Auschwitz ed è importante tenere d’occhio ciò che accade nei nostri tempi. Gesù stesso ci dice: “Sapete comprendere i tempi in cui vivete?”. Ma per approfondire questo tema, vi rimando a un libro presentato poco tempo fa: Teologia di Israele. Teologia dei popoli.

Un secondo pensiero col quale vorrei proseguire riguarda, invece, la giustizia di Dio, di cui parla la prima lettura. Dio, il nostro Dio, è un Dio della Giustizia e della verità. Mi viene in mente la testimonianza di Benedetto XVI, il quale diceva che senza giustizia e senza verità cadiamo nel relativismo, in un certo buonismo. Attraverso di esso, nella lotta per la vita, ci teniamo a galla e scartiamo ciò che reputiamo inutile. Ma lo stesso Papa Francesco ci ricorda che la cultura dello scarto va combattuta. Ricordate le parole di Gesù: “Ciò che fate al fratello lo fate a Me!” Dunque Dio è un Dio della giustizia e della verità; perché un Dio senza giustizia e senza verità non è il Dio di Abramo, di Giacobbe, di Gesù, di Maria, degli apostoli, dei santi e di San Paolo della Croce, ma è un idolo! Anche il Papa ci mette in guardia dicendo che si può essere vescovi, monaci e monache e adorare un idolo! Che cosa terribile! Io, che potrei presentarmi dinnanzi al tribunale di Dio da un giorno all’altro, tremo a questo pensiero; al rischio di essere stato idolatra nel corso della mia vita, idolatra di me stesso prima di tutto. Quindi dinanzi a questa realtà, quella della deriva del Dio della giustizia e della verità con il rischio del relativismo e del modernismo, bisogna ribadire la necessità di essere testimoni. Oltre a qualche atto penitenziale urge mettersi in atteggiamento penitenziale, in atteggiamento di ascolto per una illuminazione. Perché di solito si è ciechi, come erano ciechi quelli che dicevano: “noi abbiamo Abramo, abbiamo Isacco, abbiamo Mosè”, e non riconoscevano Gesù Cristo. E noi abbiamo Gesù Cristo? Lo riconosciamo? Come facciamo a riconoscere Dio? Ci vuole un cuore aperto, perché senza un cuore giusto e aperto si sbaglia la strada a Dio. Senza un cuore aperto, Dio non è con te, anche se stai tutto il giorno in Chiesa. Come i sacerdoti che passavano tutto il giorno nel Tempio e non riconobbero il Cristo. O come il re Davide che pensava di occultare il suo peccato con Betsabea e si sente dire: “Tu sei quell’uomo!” La grandezza di Davide sta nell’essersi pentito! Non tanto nel non commettere peccati, ma nel pentirsi, essere capaci di chiedere scusa con cuore aperto. Noi passionisti dovremmo essere maestri in questo. Dovremmo vigilare affinché la croce non sia svuotata, ma sia mantenuta nella sua realtà! Maestri nel chiedere luce nel male, nel non rimanere accecati.

L’accecamento (cui parla San Paolo) non è solo di quelli che non hanno conosciuto Cristo, ma può riguardare ognuno di noi. Contro queste cecità è indispensabile un atteggiamento penitenziale ordinario, come anche testimonianza per le generazioni future. Tutto questo con fiducia perché sopra di noi c’è la misericordia del Signore. Concludo dunque invocando la misericordia di Dio su tutti noi con questa eucaristia, per la guarigione e la liberazione da ogni male e da ogni potere del Maligno.

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